
La prossima Legge di Bilancio prevederà la stabilizzazione del personale sanitario assunto a tempo determinato nel 2020-2021 per la lotta al Covid
La prossima Legge di Bilancio prevederà la stabilizzazione del personale sanitario assunto a tempo determinato nel 2020-2021 per la lotta al Covid. Si parla di circa 50mila sanitari fra medici ed infermieri. Sembrerebbe un’ottima notizia per una categoria che ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo in piena pandemia, ma l’annuncio è da accogliere con un sorriso a metà. Ancora una volta sembrerebbe che tra i titolari della stabilizzazione non siano inclusi i ricercatori sanitari ed il personale della ricerca degli IRCCS e IZS pubblici italiani. Eppure c’erano anche loro tra i corridoi degli ospedali in piena emergenza sanitaria ed anche loro si spostavano quotidianamente nel silenzio delle città in lockdown, rinunciando ad abbracci ed indossando improvvisate mascherine nella speranza di tutelare sé stessi ed i propri cari. Dopo aver subito il danno di essere stati esclusi da alcuni bonus riservati ai sanitari, con la sola colpa di appartenere ad una categoria atipica, che galleggia in un limbo non definito compreso tra i medici ed i tecnici di laboratorio, ecco la beffa. Questo esercito invisibile, composto da circa 1800 persone, sembrerebbe essere stato escluso dalla stabilizzazione promessa recentemente dal Governo. Stiamo parlando di personale con alle spalle anche 30 anni di precariato e che oggi, nella migliore delle ipotesi, è collocato nella c.d. Piramide della Ricerca con contratto a tempo determinato di 5 anni.
Tutti ricordiamo gli elogi alla categoria, soprattutto durante le prime settimane della pandemia, quando il virus era ancora un nemico da studiare e ci aggrappavamo ad ogni piccolo passo in avanti fatto dai nostri ricercatori. Le nostre preghiere, i nostri applausi ed i nostri coloratissimi striscioni erano anche per loro ed erano per loro anche le tante belle parole dei nostri politici, per quei ricercatori che oggi chiedono, semplicemente, di sfuggire a questa condanna all’atipicità a vita.
Oggi la luce dei riflettori ed i riflessi dei flash hanno regalato un po’ di ribalta alla categoria, ma loro sono sempre stati lì a lavorare nell’ombra. Purtroppo non esiste solo il Covid e loro rappresentano le nostre armi migliori contro malattie rare ed invalidanti come tumori, malattie genetiche e patologie degenerative.
Ci si chiede, dunque, se non sia venuto anche per i ricercatori sanitari il momento di vedersi garantire una stabilità contrattuale, abbattendo la cosiddetta Piramide (che tanto rimanda a modelli lavorativi tutt’altro che edificanti), non tanto per costruire il piedistallo che tanti meriterebbero, ma, quantomeno, un futuro stabile e sicuro per il loro, ma anche, e forse soprattutto, per il nostro bene. Perché la sicurezza del sistema sanitario, anche di fronte ad eventuali nuove emergenze pandemiche, non potrà fare a meno di seguire questo percorso.
Umberto Esposito